I crediti sono le somme che un’impresa ha diritto di ricevere dai propri clienti o da altri soggetti per le prestazioni effettuate o per altre ragioni. In contabilità, i crediti devono essere valutati al loro valore nominale ossia alla cifra che si prevede di incassare. Tuttavia, può accadere che alcuni crediti diventino inesigibili o dubbi, a causa dell’insolvenza o della difficoltà economica dei debitori. In questo caso, l’impresa deve adeguare il valore dei crediti al loro presunto valore di realizzo, cioè alla cifra che si ritiene di poter recuperare. Questa operazione si chiama svalutazione dei crediti e comporta la registrazione di una perdita nel conto economico e la costituzione di un fondo di svalutazione nel bilancio.
In contabilità, i crediti vanno valutati al loro valore nominale nel momento in cui sorgono. Tuttavia l’articolo 2426 del codice civile prevede che in bilancio debbano essere indicati in base al loro presunto valore di realizzo. Pertanto, al fine di conformare l’ammontare dei crediti al loro valore di realizzo, al momento della chiusura del bilancio l’impresa dovrà valutare i crediti rilevati nell’attivo circolante e all’occorrenza, ossia quando si ha ragionevole certezza che un credito non venga incassato, registrare una svalutazione.
La svalutazione dei crediti ha lo scopo di rispettare il principio di prudenza che impone di iscrivere i crediti al minore tra il costo e il valore corrente, e il principio di competenza, che impone di riferire i ricavi e i costi all’esercizio in cui sono stati generati. La svalutazione dei crediti ha anche delle implicazioni fiscali, in quanto determina una riduzione del reddito imponibile dell’impresa.
Con la svalutazione dei crediti, i crediti non esigibili vengono stralciati dal bilancio tramite le scritture di completamento. Qualora i crediti non più esigibili siano riferiti all’esercizio in corso viene generata una perdita su crediti. Se, invece, i crediti si riferiscono a esercizi pregressi nel corso dei quali si è provveduto ad accantonare un fondo, occorre necessariamente stornare l’accantonamento. Annualmente, infatti, è necessario stimare le perdite che potrebbero derivare dal mancato incasso dei crediti nel rispetto dei principi di competenza e prudenza e alimentare un fondo di accantonamento.
La svalutazione dei crediti deve tenere conto di tutte le singole situazioni già manifestatesi o desumibili da elementi certi e precisi quali ad esempio apertura di procedure concorsuali o transazioni che possono dare luogo a perdite.
In prima nota si avranno le seguenti scritture:
Conto | Dare | Avere |
---|---|---|
Perdite su crediti | 1.000,00 | |
Crediti v/clienti | 1.000,00 |
Conto | Dare | Avere |
---|---|---|
Fondo svalutazione crediti | 1.000,00 | |
Crediti v/clienti | 1.000,00 |
In base all'articolo 26, c. 2 e 3 del D.P.R. 633/1972 occorre emettere regolare nota di variazione in tutte le operazioni per le quali sia stata emessa la fattura qualora venga meno in tutto o in parte ovvero se ne riduce l'ammontare imponibile in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente. Tali disposizioni non si applicano decorso un anno dalla effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti.
Per ogni utile approfondimento ti suggerisco la lettura del libro Bilancio di esercizio e principi contabili di Alberto Quagli.
Guida all'avvio di un'impresa
€ 15,50
Prodotto disponibile
Download immediato
Aggiungi un commento